UROLOGIA

L’Urologia si avvale di frequente delle terapie strumentali con elettromedicali per far fronte alla concreta risoluzione di patologie dell’apparato uro-genitale.

2A GROUP con i suoi device specifici aiuta il professionista ad essere tecnologicamente all’avanguardia nella pratica professionale quotidiana.

LE NOSTRE TECNOLOGIE IMPIEGATE IN CAMPO UROLOGICO

Le tecnologie elettromedicali 2A GROUP sono efficacemente utilizzate nel campo urologico da numerosi specialisti.

Studi e sperimentazioni documentano l’efficacia degli ultrasuoni per il controllo delle vesciche iperattive mediante la stimolazione del nervo tibiale, per i depositi di sali di calcio nelle forme di IPP. L’ULTRASUONO 2A permette applicazioni sicure e veloci nella parte da trattare grazie al puntale focalizzato optional.

La ionoforesi risulta essere utilizzata con successo per la veicolazione di farmaci nel protocollo per IPP; grazie alla IONO 2A e mediante appositi optional urologici si possono effettuare, col massimo comfort, sia a studio che domiciliarmente, le terapie di sostegno farmacologico.

La magnetoterapia localizzata viene utilizzata con successo nelle cistiti croniche e recidivanti oltre ad altre applicazioni squisitamente chirurgiche; grazie alla MAGNETOTERAPIA RIGENACT e alla versione MAGNETOTERAPIA RIGENACT PORTATILE con specifici optional urologici si può effettuare una terapia rinforzata a studio e la prosecuzione della cura in maniera domiciliare per il paziente.

MAGNETOTERAPIA

ULTRASUONOTERAPIA

PATOLOGIE

DEFINIZIONE

L’induratio penis plastica (IPP) è un’anormalia acquisita della tunica albuginea, caratterizzata da fibrosi con formazione di placche, che può accompagnarsi o no a dolore, deformità e deviazioni del pene, disfunzione erettile e che spesso comporta un importante impatto psico-sociale.

EPIDEMIOLOGIA

L’età media di comparsa è 55-60 anni e la prevalenza varia da 0.5 a 9%, aumenta con l’età ed è maggiore (20%) nei pazienti affetti da disfunzione erettile e diabete mellito . Si pensa che la prevalenza reale sia più elevata, ma sottostimata per l’imbarazzo a parlarne da parte dei pazienti, la scarsa conoscenza di possibili rimedi, o perché i sintomi non vengono considerati in grado di compromettere la vita sessuale .
Fattori di rischio sono considerati il diabete, l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia, le malattie cardio-vascolari, il fumo di sigaretta, l’abuso di alcool e l’associazione con la sindrome di Dupuytren.

FISIOPATOLOGIA ED EZIOPATOGENESI

La causa di tale patologia è multi-fattoriale e ancora poco conosciuta. La teoria prevalente è che la fibrosi della tunica albuginea sia conseguenza di un trauma micro-vascolare, o di ripetuti micro-traumi, dell’asta del pene, con deformazione dello stesso, che avvengono durante i rapporti sessuali. Nonostante ciò, la maggior parte dei pazienti non ricorda che alcun evento traumatico abbia preceduto l’inizio della sintomatologia.
Attualmente la maggior parte degli autori propende per una patogenesi caratterizzata da un’alterazione del processo di riparazione dopo traumi o micro-traumi che si sviluppa in individui geneticamente e/o immunologicamente predisposti. Il TGF-ß1 è la più importante citochina fibrogenica coinvolta nel processo di fibrosi e di formazione delle placche della tunica albuginea.

Vi è frequentemente un’associazione con la presenza di altre malattie caratterizzate da fibrosi (fibromatosi palmare, della fascia plantare del piede, timpanosclerosi), con la malattia di Paget e con la presenza di aplotipo HLA B27.
In sintesi, la causa di tale patologia potrebbe essere un’alterata risposta infiammatoria a un trauma o ripetuti micro-traumi in soggetti geneticamente predisposti.

CLINICA

La storia naturale dell’IPP si divide in una fase acuta e una cronica.
La prima fase può durare dai 6 ai 18 mesi ed è caratterizzata dalla predominanza dei processi infiammatori, con comparsa delle placche fibrose, della loro evoluzione con deformazione e curvatura del pene e solitamente dolore sia nella fase flaccida che durante l’erezione.
Segue la fase cronica (sintomi invariati da almeno 3 mesi), con la stabilizzazione delle placche, più solide, calcifiche e delle deformità peniene (tipicamente dorsali, dorso-laterali, ventrali) e con la scomparsa della sintomatologia dolorosa entro 12 mesi. Talvolta compare disfunzione erettile.
Se non si avvia un trattamento, le deformazioni peniene migliorano spontaneamente solo nel 12-13% dei casi, rimangono stabili in circa il 40-47% e peggiorano nel 40-48% (9).

CURA

La pratica medica indica diverse tecniche:

  • chirurgica
  • farmacologica
  • farmacologica iniettiva
  • ionoforesi farmacologica
  • magnetoterapia

Fino a venti volte più diffusa tra le donne rispetto gli uomini, le infezioni delle vie urinarie presentano l’infiammazione della mucosa vescicale e si contraddistinguono per avere un forte tasso di recidiva.

L’infezione delle vie urinarie non complicata (cistite)è molto frequente nelle donne, con un’incidenza che arriva a colpire una donna su tre già entro i 40 anni; le cistiti possono poi portare a infezioni ricorrenti, dato l’alto tasso di recidiva, sino a trasformarsi in cistiti croniche.

Le cause delle infezioni delle vie urinarie sono dovute all’insediamento di agenti patogeni lungo l’apparato urinario; molto frequenti sono le infezioni dovute alla risalita di agenti patogeni di origine fecale, ma possono essere molte altre le cause di una cistite.

Un’attenta igiene intima rappresenta senz’altro una ottima difesa contro buona parte delle principali cause di infezioni alle vie urinarie.

L’alta frequenza dei rapporti sessuali, l’uso di anticoncezionali come la crema spermicida o il diaframma, così come l’eccessivo abuso di antibiotici, che andranno a modificare la naturale flora batterica vaginale, possono costituire fattori di rischio riscontrati nella comparsa dei sintomi delle cistiti croniche.

La cistite interstiziale è una disfunzione cronica a carico delle pareti pelviche che rende difficile e continuo l’urinare. Il dolore è percepito come costante oppure ciclico da più di sei mesi.

La cistite interstiziale è una condizione infiammatoria cronica della vescica, che può colpire persone di qualsiasi età e sesso, ma che è più frequente nel sesso femminile. Diversamente dalla cistite comune non è causata da stress, viceversa il dolore continuo può causare disturbi psicologici quali ansia e depressione. L’evoluzione della malattia è lentamente ma progressivamente ingravescente, con deterioramento delle funzioni vescicali e ripercussioni che possono avere un impatto negativo sulla qualità della vita.

Le cause delle cistite interstiziale non sono ancora del tutto chiarite. Possono contribuire a scatenarla un’infezione delle vie urinarie, un intervento chirurgico, una malattia virale. L’ipotesi più accreditata resta tuttavia quella del progressivo indebolimento del rivestimento delle pareti vescicali, costituito da glicosaminoglicani, con funzioni di sostegno e protezione. L’assottigliamento di questo strato protettivo fa sì che le sostanze irritanti contenute nelle urine aggrediscano le pareti vescicali, innescando un processo infiammatorio.

In circa 1/3 dei casi la sintomatologia è analoga a quella della cistite, cioè è associata a stimolo impellente a urinare e dolore durante la minzione. A differenza della cistite comune, però, si ritiene che la cistite interstiziale non sia causata da batteri, e che per questo non risponda alla terapia convenzionale con antibiotici. Il dolore spesso interferisce con la vita sessuale, che risulta ostacolata da questo disturbo. Gli uomini possono manifestare dolore ai testicoli, allo scroto, al perineo o al pube, e avere eiaculazioni dolorose. Pare inoltre che la cistite interstiziale sia associata ad alcune condizioni croniche e sindromi dolorose come la vestibolite vulvare, le fibromialgie e la sindrome del colon irritabile.

Per la maggior parte delle persone affette da cistite interstiziale non è facile ottenere una diagnosi. Esami delle urine (urinocoltura, citologia urinaria, ricerca del BK nelle urine) ed ecografiedell’apparato urinario sono utili a escludere altre patologie vescicali con sintomatologia simile. Altri accertamenti sono l’uretrocistoscopia (endoscopia della vescica attraverso l’uretra) in narcosi con distensione della vescica, utile a evidenziare eventuali emorragie puntiformi e ulcere (ulcere di Hunner, dal nome dello studioso che per primo le ha descritte) che sono caratteristiche della malattia. La distensione della vescica, fatta in anestesia generale e consistente nel riempimento della vescica con una soluzione fisiologica, può inoltre contribuire ad alleviare il dolore. Infine, la biopsia della vescica consiste nel prelievo di un frammento della parete vescicale. Con un esame istologico mirato, è possibile escludere patologie più gravi, nonché la presenza e il grado di infiammazione provocato dalla cistite interstiziale.

LA PRATICA MEDICA INDICA DIVERSE TECNICHE:

  • farmacologica
  • magnetoterapia

La prostatite è un’infiammazione della prostata. Sarebbe opportuno chiamarla uretroprostatite in quanto il primo tratto di uretra, attraversando la prostata, viene coinvolto dall’infiammazione.

Le cause della prostatite, ovvero i motivi per cui la prostata si infiamma, sono molteplici e spesso concomitanti, anche se, all’atto dell’insorgere della sintomatologia, possono essere difficili da riconoscere.

Queste cause vanno dai disordini intestinali alle abitudini alimentari, dalle abitudini minzionali alle pratiche sessuali. È fondamentale consultare il medico sia per fare diagnosi sia per escludere che esistano alterazioni che favoriscono la prostatite.

È importante ricordare che i batteri che causano la prostatite sono normalmente presenti nella flora intestinale e da qui provengono a colonizzare le vie seminali.

SINTOMI:

  • Dolore sovrapubico
  • dolore perineale: ai testicoli e/o all’ano
  • glande urente
  • dolore irradiato alla faccia interna della coscia
  • aumento della frequenza minzionale
  • urgenza, necessità impellente di urinare con, talvolta, incontinenza da urgenza
  • bruciore e/o dolore durante la minzione
  • senso di incompleto svuotamento
  • sangue nello sperma

Alcuni di questi sintomi si presentano singolarmente come maggior disagio, ma talvolta molti sintomi sono concomitanti e, spesso, possono variare nel tempo per intensità, numerosità o frequenza.

Quando è preponderante la sintomatologia dei disturbi minzionali, la prostatite viene spesso confusa con la cistite: solo un’adeguato controllo medico può dirimere la diagnosi attraverso un’esplorazione rettale e le necessarie indagini cliniche.

I sintomi della prostatite orientano alla diagnosi, ma sono solo indicativi: solo con la coltura dello sperma (spermiocoltura) e in parte con l’esame delle urine, si fa diagnosi di infezione delle vie seminali e, quindi, si attribuisce all’infezione la causa della prostatite.

È indispensabile consultare il medico sia per la corretta diagnosi e conseguente impostazione della terapia che per escludere cause che possono favorire l’infezione.

Il PSA non è un parametro diagnostico della prostatite: se misurato in fase acuta può essere molto elevato, conseguenza dell’infiamazione, ma non ha significato clinico. Per aver significato clinico deve essere misurato a tre mesi dalla risoluzione dei sintomi.

Occorre subito premettere che la prostatite richiede tempi lunghi di trattamento (4-6 settimane) per poter essere risolta senza strascichi. Inoltre, i farmaci che sono in grado di penetrare nel lume delle ghiandole prostatiche non sono molti . i trattamenti strumentali si concentrano sulla magnetoterapia che associa al grante potere antinfiammatorio e antidolorifico quello dell’eliminazione più rapida del ceppo batterico.

Tutto ciò comporta che la prostatite venga trattata con tipi di farmaci, durata del trattamento e dosi inadeguate, che spesso attenuano ma non risolvono il problema che si prolunga nel tempo.

La cistopielite è una infiammazione che interessa contemporaneamente la vescica ed il bacinetto renale. Questo processo flogistico può insorgere in modo acuto, come sindrome a sé stante, o rappresentare una complicanza di varie affezioni a carico dell’apparato urinario.

Nella maggior parte dei casi, la cistopielite è provocata da infezioni dovute ad agenti patogeni che sono soliti attaccare le vie urinarie e risalgono dall”uretra alla vescica. L’infezione del bacinetto può estendersi anche al rene (cistopielonefrite).

Nei pazienti debilitati, con malattie croniche o in terapia immunodepressiva, inoltre, è possibile che i microrganismi responsabili riescano a raggiungere la vescica per via ematogena.

I fattori di rischio che predispongono allo sviluppo della cistopielite comprendono anomalie urinarie, età anziana e pediatrica, presenza di ostruzioni delle vie urinarie, rapporti sessuali frequenti, diabete, stati di immunodepressione e gravidanza. Negli uomini, la malattia può essere favorita anche da prostatite ed ipertrofia prostatica.

SINTOMI:

  • Anoressia
  • Batteriuria
  • Brividi
  • Colica
  • Disuri
  • Dolore a un fianco
  • Dolore addominale alla palpazione
  • Dolore dei reni
  • Dolore dell’inguine
  • Febbre
  • Mal di schiena
  • Nausea
  • Piuria
  • Sangue nelle urine
  • Sudorazione
  • Urine maleodoranti
  • Urine torbide
  • Vomito
  • Pollachiuria

L’esordio della patologia è solitamente rapido. La cistopielite è caratterizzata da un dolore gravativo continuo alla regione lombare, con irradiazione verso la regione inguinale, e da una sensazione di peso al basso ventre, spesso associati a disuria, urgenza minzionale e pollachiuria.

Durante il decorso della malattia, si manifestano altri sintomi, quali febbre con brividi e sudorazione, senso generale di prostrazione ed emissione di pus, elementi di sfaldamento e/o batteri con le urine (batteriuria e/o piuria). In funzione della gravità dell’infezione, è possibile che siano presenti anoressia, nausea e vomito.

Se trascurata, la cistopielite può comportare gravi ripercussioni per estensione dell’infiammazione al parenchima renale (pielonefrite).

La terapia prevede la somministrazione di antibiotici specifici, la cui scelta viene guidata dai risultati della coltura batterica delle urine e del sangue. Oltre a questi farmaci, possono essere indicati il riposo assoluto e l’impiego di antispastici ed analgesici. La terapia strumentale più appropriata è la magnetoterapia che accellera il processo antinfiammatorio, antalgico e riduce i tempi di guarigione aiutando gli antibiotici a lavorare in efficienza maggiore.

Il dolore può essere sia per gli uomini che per le donne molto fastidioso.

Le donne possono avvertire pressione o un senso di pienezza nella pelvi oppure avere problemi durante la minzione o l’evacuazione

La visita ginecologica si svolge mentre la donna è sotto sforzo in modo da rendere più evidenti le anomalie.

Gli esercizi dei muscoli pelvici e i pessari possono risultare utili, ma spesso è necessario intervenire chirurgicamente.

I disturbi del pavimento pelvico colpiscono solo le donne e diventano più frequenti con l’avanzare dell’età. Nell’arco della vita, circa 1 donna su 11 necessita di un intervento chirurgico per problemi del pavimento pelvico.

Questa struttura è formata da una rete di muscoli, legamenti e tessuti, simili a un’amaca, posti a sostegno degli organi pelvici: utero, vagina, vescica, uretra e retto. Se i muscoli si indeboliscono oppure i legamenti o i tessuti si rilassano o vengono danneggiati, gli organi pelvici o l’intestino tenue possono cedere e scendere nella vagina. Se l’alterazione è grave, gli organi possono protrudere all’esterno del corpo attraverso la vagina.

Le malattie del pavimento pelvico di solito sono la conseguenza di un insieme di fattori. I seguenti fattori di solito contribuiscono allo sviluppo di questi disturbi:
  • il parto, specie se naturale
  • l’obesità
  • una lesione, per esempio durante l’isterectomia (rimozione dell’utero) o un’altra procedura chirurgica.
  • invecchiamento
  • fare spesso cose che aumentano la pressione nell’addome, come sforzarsi durante l’evacuazione o sollevare oggetti pesanti

La gravidanza e il parto naturale possono indebolire o stirare alcune delle strutture di supporto della pelvi. I disturbi del pavimento pelvico sono più comuni fra le donne che hanno avuto più parti e il rischio aumenta a ogni parto. Lo stesso parto può danneggiare i nervi, con conseguente indebolimento muscolare. Il rischio di sviluppare un disturbo del pavimento pelvico si riduce con il parto cesareo.

Con l’età, le strutture di sostegno si indeboliscono, rendendo più probabili le alterazioni del pavimento pelvico.

Anche l’aver subito un’isterectomia indebolisce le strutture della pelvi, aumentando le probabilità che si verifichino dei disturbi del pavimento pelvico.

Fattori meno comuni che possono contribuire includono l’accumulo di liquido nell’addome (asciti che provocano pressione sugli organi pelvici), disturbi dei nervi del pavimento pelvico, tumori e disturbi del tessuto connettivo (il tessuto resistente, spesso fibroso, presente in quasi tutti gli organi, compresi i muscoli, che fornisce sostegno ed elasticità). Alcune donne presentano difetti congeniti in questa zona oppure nascono con tessuti pelvici deboli.

Tutte le alterazioni consistono essenzialmente in ernie, vale a dire una sporgenza patologica di un organo, causata dalla lassità di un tessuto di sostegno. I diversi tipi di disturbi del pavimento pelvico prendono il nome dall’organo interessato. Spesso, sono presenti più tipi insieme. Il sintomo più frequente in tutti i tipi è una sensazione di pesantezza o pressione nella zona vaginale, come se utero, vescica o retto fuoriuscissero dal corpo.tendono a manifestarsi quando la donna è in piedi, fa sforzi o tossisce, mentre scompaiono quando si distende e si rilassa. In alcuni casi, il rapporto sessuale è doloroso.

Le forme lievi possono rimanere asintomatiche fino all’età avanzata.

Il prolasso del retto (rettocele), dell’intestino tenue (enterocele), della vescica (cistocele) e dell’uretra (uretrocele) sono particolarmente inclini a verificarsi contemporaneamente. Uretrocele e cistocele si verificano quasi sempre insieme.

Spesso le lesioni al pavimento pelvico interessano anche il tratto urinario. Di conseguenza le donne che presentano un disturbo del pavimento pelvico spesso hanno difficoltà nel controllo delle urine, che fuoriescono involontariamente (incontinenza urinaria) o problemi a svuotare completamente la vescica (ritenzione urinaria).

La diagnosi avviene attraverso esame pelvico fatto dallo specialista.

I medici riescono generalmente a diagnosticare disturbi del pavimento pelvico con l’esame pelvico utilizzando uno speculum (strumento che divarica le pareti vaginali). È anche possibile eseguire un’esplorazione inserendo contemporaneamente un dito nella vagina e uno nel retto per determinare la gravità del rettocele o dell’enterocele.

Alla donna viene chiesto di spingere in basso (come per evacuare) o di tossire. L’esame può essere eseguito in posizione eretta con un piede su uno sgabello. La pressione sulla pelvi esercitata dalla spinta, dalla tosse e/o dalla posizione eretta rende più evidente un’alterazione del pavimento pelvico.

Si eseguono procedure per determinare la funzionalità della vescica e del retto. Ad esempio, i medici spesso misurano la quantità di urina che la vescica riesce a contenere senza perdite, la quantità di urina che rimane nella vescica dopo la minzione e la frequenza minzionale. In caso di minzione difficoltosa o di incontinenza, si utilizza una sonda a fibre ottiche per osservare l’interno della vescica (procedura nota come cistoscopia) o dell’uretra (procedura nota come uretroscopia). Queste procedure consentono ai medici di decidere l’opzione di trattamento più adeguata fra la terapia farmacologica e quella chirurgia. Se la vescica non funziona bene, la chirurgia diventa la soluzione più probabile.

Se sono presenti ulcere all’interno della vagina o sulla cervice, i medici possono prelevare un campione per l’esame al microscopio (biopsia) e verificare la presenza di massa tumorale.

TRATTAMENTO:

  • Esercizi per il pavimento pelvico
  • Un pessario
  • Stimolazione elettrica intra vaginale o intrarettale
  • Magnetoterapia
  • Intervento chirurgico

Esercizi: Gli esercizi del pavimento pelvico, come gli esercizi di Kegel, possono ridurre i sintomi fastidiosi, come l’incontinenza da sforzo, ma non intervengono sul prolasso in sé. Tendono a essere più efficaci nei casi di prolasso più lieve,

in quanto sono utili per rinforzare i muscoli del pavimento pelvico. Tali esercizi interessano i muscoli che circondano la vagina, l’uretra e il retto, usati per interrompere il flusso di urine. Questi muscoli vengono contratti, per circa 1-2 secondi, quindi rilassati per circa 10 secondi. Gradualmente le contrazioni si prolungano fino a circa 10 secondi ciascuna. L’esercizio viene ripetuto 10 volte in sequenza. Si raccomanda di eseguirlo più volte al giorno e di praticarlo in posizione seduta, eretta o distesa.

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